Consulenza GDPR 679/2016 in marteria di Privacy



SAMO segue, nell’adeguamento alla privacy, aziende nazionali e multinazionali, operando nel settore ai massimi standard professionali, tramite un team costituito da esperti che vantano un’esperienza e una competenza comprovate negli anni nella consulenza privacy e nell’organizzazione e gestione del dato. 

SAMO ha aiutato anche piccole e medie imprese in tutti gli adempimenti necessari al raggiungimento della compliance richiesta dalla normativa europea, in osservanza anche di quanto stabilito dalle recenti linee guida pubblicate dal Garante della Privacy sul proprio sito.

I NOSTRI STEPS DI LAVORO


Ogni trattamento di dati personali deve avvenire nel rispetto dei principi fissati all’articolo 5 del Regolamento (UE) 2016/679, che qui si ricordano brevemente:


     – liceità, correttezza e trasparenza del trattamento, nei confronti dell’interessato;
     – limitazione della finalità del trattamento, compreso l’obbligo di assicurare che eventuali trattamenti successivi non siano incompatibili con le finalità della raccolta dei dati;

     – minimizzazione dei dati: ossia, i dati devono essere adeguati pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità del trattamento;

     – esattezza e aggiornamento dei dati, compresa la tempestiva cancellazione dei dati che risultino inesatti rispetto alle finalità del trattamento;

     – limitazione della conservazione: ossia, è necessario provvedere alla conservazione dei dati per un tempo non superiore a quello necessario rispetto agli scopi per i quali è stato effettuato il trattamento;

     – integrità e riservatezza: occorre garantire la sicurezza adeguata dei dati personali oggetto del trattamento.

Tutti i titolari e i responsabili di trattamento, eccettuati gli organismi con meno di 250 dipendenti – ma solo se non effettuano trattamenti a rischio (articolo 30, paragrafo 5) – devono tenere un registro delle operazioni di trattamento, i cui contenuti sono indicati all’articolo 30.
Si tratta di uno strumento fondamentale realizzato allo scopo di disporre di un quadro aggiornato dei trattamenti in essere all’interno di un’azienda o di un soggetto pubblico, indispensabile per ogni valutazione e analisi del rischio. 
I contenuti del registro sono fissati nell’articolo 30. Tuttavia, niente vieta a un titolare o responsabile di inserire ulteriori informazioni se lo si riterrà opportuno proprio nell’ottica della complessiva valutazione di impatto dei trattamenti svolti.   
Il registro deve avere forma scritta, anche elettronica, e deve essere esibito su richiesta al Garante.

Notifica di una violazione dei dati personali
 
A partire dal 25 maggio 2018, tutti i titolari dovranno notificare al Garante le violazioni di dati personali di cui vengano a conoscenza, entro 72 ore e comunque “senza ingiustificato ritardo”, se ritengono probabile che da tale violazione derivino rischi per i diritti e le libertà degli interessati (considerando 85). Pertanto, la notifica all’Autorità dell’avvenuta violazione non è obbligatoria, essendo subordinata alla valutazione del rischio per gli interessati che spetta al titolare. 
 
Se la probabilità di tale rischio è elevata, si dovrà informare delle violazioni anche gli interessati, sempre “senza ingiustificato ritardo”; fanno eccezione le circostanze indicate al paragrafo 3 dell’articolo 34. 
 
I contenuti della notifica all’Autorità e della comunicazione agli interessati sono indicati, in via non esclusiva, agli articoli 33 e 34 del Regolamento.
 

Tutti i titolari di trattamento devono in ogni caso documentare le violazioni di dati personali subite, anche se non notificate all’autorità di controllo e non comunicate agli interessati, nonché le relative circostanze e conseguenze e i provamenti adottati (articolo 33, paragrafo 5). È bene, dunque, adottare le misure necessarie a documentare eventuali violazioni, anche perché i titolari sono tenuti a fornire tale documentazione, su richiesta, al Garante in caso di accertamenti.


Una violazione dei dati personali può compromettere la riservatezza, l’integrità o la disponibilità di dati personali.  


Alcuni possibili esempi: 

– l’accesso o l’acquisizione dei dati da parte di terzi non autorizzati;

– il furto o la perdita di dispositivi informatici contenenti dati personali;

– la deliberata alterazione di dati personali;

– l’impossibilità di accedere ai dati per cause accidentali o per attacchi esterni, virus, malware, ecc.; 

– la perdita o la distruzione di dati personali a causa di incidenti, eventi avversi, incendi o altre calamità;

– la divulgazione non autorizzata dei dati personali.


Valutazione di impatto sulla protezione dei dati (DPIA)

Art. 35 del Regolamento UE/2016/679

 

COSA È?

una procedura prevista dall’articolo 35 del Regolamento UE/2016/679 (RGPD) che mira a descrivere un trattamento di dati per valutarne la necessità e la proporzionalità nonché i relativi rischi, allo scopo di approntare misure idonee ad affrontarli. Una DPIA può riguardare un singolo trattamento oppure più trattamenti che presentano analogie in termini di natura, ambito, contesto, finalità e rischi.
 

PERCHÉ?

La DPIA è uno strumento importante in termini di responsabilizzazione (accountability) in quanto aiuta il titolare non soltanto a rispettare le prescrizioni del RGPD, ma anche ad attestare di aver adottato misure idonee a garantire il rispetto di tali prescrizioni. In altri termini, la DPIA una procedura che permette di valutare e dimostrare la conformità con le norme in materia di protezione dei dati personali. Vista la sua utilità, il Gruppo Art. 29 suggerisce di valutarne l’impiego per tutti i trattamenti, e non solo nei casi in cui il Regolamento la prescrive come obbligatoria.
 

IN CHE MOMENTO?

La DPIA deve essere condotta prima di procedere al trattamento. Dovrebbe comunque essere previsto un riesame continuo della DPIA, ripetendo la valutazione a intervalli regolari.
 

CHI?

La responsabilità della DPIA spetta al titolare, anche se la conduzione materiale della valutazione di impatto può essere affidata a un altro soggetto, interno o esterno all’organizzazione. Il titolare ne monitora lo svolgimento consultandosi con il responsabile della protezione dei dati (RPD, in inglese DPO) e acquisendo – se i trattamenti lo richiedono – il parere di esperti di settore, del responsabile della sicurezza dei sistemi informativi (Chief Information Security Officer, CISO) del responsabile IT.
 

QUANDO LA DPIA È OBBLIGATORIA?

In tutti i casi in cui un trattamento può presentare un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche.
Il Gruppo Art. 29 individua alcuni criteri specifici a questo proposito:
     trattamenti valutativi o di scoring, compresa la profilazione;
     decisioni automatizzate che producono significativi effetti giuridici (es: assunzioni, concessione di prestiti, stipula di assicurazioni);
     monitoraggio sistematico (es: videosorveglianza);
     trattamento di dati sensibili, giudiziari o di natura estremamente personale (es: informazioni sulle opinioni politiche);
     trattamenti di dati personali su larga scala;
     combinazione o raffronto di insiemi di dati derivanti da due o più trattamenti svolti per diverse finalità e/o da titolari distinti, secondo modalità che esulano dal consenso iniziale (come avviene, ad esempio, con i Big Data);
     dati relativi a soggetti vulnerabili (minori, soggetti con patologie psichiatriche, richiedenti asilo, anziani, ecc.);
     utilizzi innovativi o applicazione di nuove soluzioni tecnologiche o organizzative (es: riconoscimento facciale, device IoT, ecc.);
    
trattamenti che, di per sé, potrebbero impedire agli interessati di esercitare un diritto o di avvalersi di un servizio o di un contratto (es: screening dei clienti di una banca attraverso i dati registrati in una centrale rischi per stabilire la concessione di un finanziamento). La DPIA è necessaria in presenza di almeno due di questi criteri, ma – tenendo conto delle circostanze – il titolare può decidere di condurre una DPIA anche se ricorre uno solo dei criteri di cui sopra.

Il titolare del trattamento, come pure il responsabile del trattamento, è obbligato ad adottare misure tecniche e organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio del trattamento (con l’obiettivo di evitare distruzione accidentale o illecita, perdita, modifica, rivelazione, accesso non autorizzato).

 
Fra tali misure, il Regolamento menziona, in particolare, la pseudonimizzazione e la cifratura dei dati; misure per garantire la riservatezza, l’integrità, la disponibilità e la resilienza dei sistemi e dei servizi di trattamento; misure atte a garantire il tempestivo ripristino della disponibilità dei dati; procedure per verificare e valutare regolarmente l’efficacia delle misure di sicurezza adottate.
 
La lista di cui al paragrafo 1 dell’articolo 32 è una lista aperta e non esaustiva (“tra le altre, se del caso”). 
 
Per questi motivi, non possono sussistere dopo il 25 maggio 2018 obblighi generalizzati di adozione di misure “minime” di sicurezza poiché tale valutazione è rimessa, caso per caso, al titolare e al responsabile in rapporto ai rischi specificamente individuati come da articolo 32 del Regolamento.
 

Il Regolamento definisce caratteristiche soggettive e responsabilità di titolare e responsabile del trattamento negli stessi termini di cui alla direttiva 95/46/CE e, quindi, al Codice privacy italiano.

 
Tuttavia, il Regolamento (articolo 28) prevede dettagliatamente le caratteristiche dell’atto con cui il titolare designa un responsabile del trattamento attribuendogli specifici compiti. Deve trattarsi, infatti, di un contratto (o altro atto giuridico conforme al diritto nazionale) e deve disciplinare tassativamente almeno le materie riportate al paragrafo 3 dell’articolo 28 al fine di dimostrare che il responsabile fornisce “garanzie sufficienti”, quali, in particolare: 
·        la natura, durata e finalità del trattamento o dei trattamenti assegnati
·        le categorie di dati oggetto di trattamento
·        le misure tecniche e organizzative adeguate a consentire il rispetto delle istruzioni impartite dal titolare e, in via generale, delle disposizioni contenute nel Regolamento
 
Inoltre, il Regolamento prevede obblighi specifici in capo ai responsabili del trattamento, distinti da quelli pertinenti ai rispettivi titolari. Ciò riguarda, in particolare:
·        la tenuta del registro dei trattamenti svolti (articolo 30, paragrafo 2); 
·        l’adozione di idonee misure tecniche e organizzative per garantire la sicurezza dei trattamenti (articolo 32); 
·        la designazione di un RPD-DPO, nei casi previsti dal Regolamento o dal diritto nazionale (articolo 37).
 
Una novità importante del Regolamento è la possibilità di designare sub-responsabili del trattamento da parte di un responsabile (articolo 28, paragrafo 4), per specifiche attività di trattamento, nel rispetto degli stessi obblighi contrattuali che legano titolare e responsabile primario; quest’ultimo risponde dinanzi al titolare dell’inadempimento dell’eventuale sub-responsabile, anche ai fini del risarcimento di eventuali danni causati dal trattamento, salvo dimostri che l’evento dannoso “non gli è in alcun modo imputabile” (articolo 82, paragrafo 1 e paragrafo 3).

La designazione di un “responsabile della protezione dati” (RPD) è finalizzata a facilitare l’attuazione della normativa da parte del titolare/responsabile (articolo 39). 

Non è un caso, infatti, che fra i compiti del RPD rientrino “la sensibilizzazione e la formazione del personale” e la sorveglianza sullo svolgimento della valutazione di impatto di cui all’articolo 35, oltre alla funzione di punto di contatto per gli interessati e per il Garante rispetto a ogni questione attinente l’applicazione del Regolamento. 

 

La sua designazione è obbligatoria in alcuni casi (articolo 37), e il Regolamento delinea le caratteristiche soggettive e oggettive di questa figura (indipendenza, autorevolezza, competenze manageriali:  articoli 38 e 39) in termini che il Gruppo di lavoro “Articolo 29” ha ritenuto opportuno chiarire attraverso alcune linee-guida, disponibili anche sul sito del Garante, e alle quali si rinvia per maggiori delucidazioni unitamente alle relative FAQ (www.garanteprivacy.it/Regolamentoue/rpd)


I RPD, dipendenti o meno del titolare del trattamento, dovrebbero poter adempiere alle funzioni e ai compiti loro incombenti in maniera indipendente.


Il parere del RPD – e ogni azione intrapresa contro questo parere – devono essere registrati  e possono essere utilizzati contro il titolare o il responsabile in caso di indagine da parte  delle relative autorità di protezione dei dati (come già visto, al contrario, il fatto che un  titolare o un responsabile agiscano in accordo con il parere o gli orientamenti del RPD può  essere considerato un “elemento” per la dimostrazione della conformità al RGPD –  Considerando 77)

 

L’entrata in vigore il 25 maggio 2018 del Regolamento Europeo per la protezione dei dati personali (GDPR – General Data Protection Regulation) ha reso ancora più fondamentale l’obbligo per i soggetti che effettuano il trattamento dei dati altrui di adottare misure di sicurezza tecniche organizzative e cautele per tutelare la diffusione dei dati sensibili proteggendoli da eventuali illeciti. 

La filosofia cardine del nuovo GDPR è l’accountability (o responsabilizzazione) per tutte le fasi del trattamento; Come previsto dall’art. 29 del Regolamento, il responsabile del trattamento, o chiunque agisca sotto la sua autorità o sotto quella del titolare del trattamento, che abbia accesso a dati personali non può trattare tali dati se non è istruito in tal senso dal titolare del trattamento, salvo che lo richieda il diritto dell’Unione o degli Stati membri. 

Gli obblighi formativi sono introdotti dall’art. 39.1.b del Regolamento, il quale prevede, tra i compiti del DPO, quello di “sorvegliare l’osservanza […] delle politiche del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento in materia di protezione dei dati personali, compresi […] la sensibilizzazione e la formazione del personale che partecipa ai trattamenti e alle connesse attività di controllo”, ed inoltre, l’art. 32.4 del Regolamento dispone che “chiunque abbia accesso a dati personali non tratti tali dati se non è istruito in tal senso dal titolare del trattamento”

Le aziende e le Pubbliche Amministrazioni, pertanto, devono implementare dei processi formativi che rispondano ai requisiti delle Misure di Sicurezza: testabili, verificabili e valutabili per chiunque gestisca dati personali. 

In caso di violazione degli articoli 29 e 39 (obbligo formativo), verranno applicate sanzioni amministrative pecuniarie che potrebbero essere rilevanti.

Le conseguenze di una violazione delle norme in materia di protezione dei dati personali sono previste sanzioni fino 20 milioni di euro o fino al 4 % del fatturato mondiale totale annuo dell’esercizio precedente, se superiore.

Puoi evitali…

APPROFONDIMENTI

Guida all applicazione del Regolamento UE 2016 679 Linee guida 3/2019 sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video Linee guida 5/2020 sul consenso ai sensi del regolamento (UE) 2016/679 Linee guida 5/2019 sui criteri per l’esercizio del diritto all’oblio nel caso dei motori di ricerca, ai sensi del RGPD principi-generali del trattamento di dati personali Diritti degli interessati qui puoi accedere alla tua area cliente per la gestione pratica