Schede di sintesi redatte dall’Ufficio del Garante a mero scopo divulgativo. Per un quadro completo della materia, si rimanda alla legislazione in tema di protezione dei dati personali e ai provvedimenti dell’Autorità.
Principi generali del trattamento di dati personali
Ogni trattamento di dati personali deve avvenire nel rispetto dei principi
fissati all’articolo 5 del Regolamento (UE) 2016/679, che qui si ricordano
brevemente:
·
liceità, correttezza e trasparenza del trattamento, nei confronti
dell’interessato;
·
limitazione della finalità del trattamento, compreso l’obbligo di
assicurare che eventuali trattamenti successivi non siano incompatibili con le
finalità della raccolta dei dati;
·
minimizzazione dei dati: ossia, i dati devono essere adeguati pertinenti e
limitati a quanto necessario rispetto alle finalità del trattamento;
·
esattezza e aggiornamento dei dati, compresa la tempestiva cancellazione
dei dati che risultino inesatti rispetto alle finalità del trattamento;
·
limitazione della conservazione: ossia, è necessario provvedere alla
conservazione dei dati per un tempo non superiore a quello necessario rispetto
agli scopi per i quali è stato effettuato il trattamento;
·
integrità e riservatezza: occorre garantire la sicurezza adeguata dei dati
personali oggetto del trattamento.
Il Regolamento (articolo 5, paragrafo 2) richiede al titolare di rispettare
tutti questi principi e di essere “in grado di comprovarlo”. Questo è il principio detto di “responsabilizzazione” (o accountability) che viene poi
esplicitato ulteriormente dall’articolo 24, paragrafo 1, del Regolamento, dove
si afferma che “il titolare mette in atto misure tecniche e organizzative
adeguate per garantire, ed essere in grado di dimostrare, che il
trattamento è effettuato conformemente al presente Regolamento.”
Assicurare la liceità del trattamento di dati personali
Il Regolamento, come già previsto dal Codice in materia di protezione dei dati personali, prevede che ogni
trattamento deve trovare fondamento in un’idonea base giuridica. I fondamenti
di liceità del trattamento di dati personali sono indicati all’articolo 6 del
Regolamento:
– consenso, adempimento obblighi contrattuali, interessi vitali della
persona interessata o di terzi, obblighi di legge cui è soggetto il titolare,
interesse pubblico o esercizio di pubblici poteri, interesse legittimo
prevalente del titolare o di terzi cui i dati vengono comunicati.
Per quanto riguarda le “categorie particolari di dati personali” (articolo
9 del Regolamento), il loro trattamento è vietato, in prima battuta, a meno che
il titolare possa dimostrare di soddisfare almeno una delle condizioni fissate
all’articolo 9, paragrafo 2 del Regolamento, che qui ricordiamo:
·
l’interessato ha prestato il proprio consenso esplicito al trattamento di
tali dati personali per una o più finalità specifiche;
·
il trattamento è effettuato da una fondazione, associazione o altro
organismo senza scopo di lucro che persegua finalità politiche, filosofiche,
religiose o sindacali;
·
il trattamento riguarda dati personali resi manifestamente pubblici
dall’interessato;
·
il trattamento è necessario per uno dei seguenti scopi:
o
per assolvere gli obblighi ed esercitare i diritti specifici del titolare
del trattamento o dell’interessato in materia di diritto del lavoro e della
sicurezza sociale e protezione sociale;
o
per tutelare un interesse vitale dell’interessato o di un’altra persona
fisica qualora l’interessato si trovi nell’incapacità fisica o giuridica di
prestare il proprio consenso;
o
per accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria o
ogniqualvolta le autorità giurisdizionali esercitino le loro funzioni giurisdizionali;
o
per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto
dell’Unione o degli Stati membri;
o
per finalità di medicina preventiva o di medicina del lavoro, valutazione
della capacità lavorativa del dipendente, diagnosi, assistenza o terapia
sanitaria o sociale ovvero gestione dei sistemi e servizi sanitari o sociali;
o
per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica;
o
per il perseguimento di fini di archiviazione nel pubblico interesse, di
ricerca scientifica o storica o a fini statistici.
Per alcune di tali finalità sono previste limitazioni o prescrizioni
ulteriori, anche nel diritto nazionale.
Consenso
Quando il trattamento si fonda sul consenso dell’interessato, il titolare
deve sempre essere in grado di dimostrare (articolo 7.1 del Regolamento)
che l’interessato ha prestato il proprio consenso), che è valido se:
·
all’interessato è stata resa l’informazione sul trattamento dei dati
personali (articoli 13 o 14 del Regolamento);
·
è stato espresso dall’interessato liberamente, in modo inequivocabile e, se
il trattamento persegue più finalità, specificamente con riguardo a ciascuna di
esse. Il consenso deve essere sempre revocabile.
Occorre verificare che la richiesta di consenso sia chiaramente
distinguibile da altre richieste o dichiarazioni rivolte all’interessato
(articolo 7.2), per esempio all’interno della modulistica.
Non è ammesso il consenso tacito o presunto (per esempio, presentando
caselle già spuntate su un modulo).
Quando il trattamento riguarda le “categorie particolari di dati personali”
(articolo 9 Regolamento) il consenso deve essere “esplicito”; lo stesso vale
per il consenso a decisioni basate su trattamenti automatizzati (compresa la
profilazione – articolo 22).
Il consenso non deve essere necessariamente “documentato per iscritto”, né
è richiesta la “forma scritta”, anche se questa è modalità idonea a configurare
l’inequivocabilità del consenso e il suo essere “esplicito” (per le categorie
particolari di dati di cui all’articolo 9 Regolamento).
Per approfondimenti: Linee-guida del WP29 sul consenso, qui
disponibili: www.garanteprivacy.it/regolamentoue/consenso. Si segnalano anche
le linee-guida in materia di profilazione e decisioni automatizzate del
Gruppo “Articolo 29” (WP 251), qui disponibili: www.garanteprivacy/regolamentoue/profilazione.
Interesse vitale di un terzo
Si può invocare tale base giuridica per il trattamento di dati personali
solo se nessuna delle altre condizioni di liceità può trovare applicazione
(considerando 46).
Interesse legittimo prevalente di un titolare o di un terzo
Il ricorso a questa base giuridica per il trattamento di dati personali
presuppone che il titolare stesso effettui un bilanciamento fra il legittimo
interesse suo o del terzo e i diritti e libertà dell’interessato. Dal 25 maggio
2018, dunque, tale bilanciamento non spetta più all’Autorità, in linea di
principio. Si tratta di una delle principali espressioni del principio di “responsabilizzazione” introdotto dal Regolamento (UE)
2016/679.
L’interesse legittimo del titolare o del terzo deve risultare prevalente
sui diritti e le libertà fondamentali dell’interessato per costituire un valido
fondamento di liceità.
Il Regolamento chiarisce espressamente che l’interesse legittimo del
titolare non costituisce idonea base giuridica per i trattamenti svolti dalle
autorità pubbliche in esecuzione dei rispettivi compiti.
Si ricordi, inoltre, che il legittimo interesse non può essere invocato
isolatamente quale base giuridica per il trattamento delle categorie particolari
di dati personali (articolo 9, paragrafo 2, del Regolamento).
Trasparenza del trattamento: l’informativa agli interessati
Fatte salve alcune eccezioni, chi intende effettuare un trattamento di dati
personali deve fornire all’interessato alcune informazioni anche per
metterlo nelle condizioni di esercitare i propri diritti (articoli 15-22
del Regolamento medesimo).
QUANDO
L’informativa (disciplinata nello specifico dagli artt. 13 e 14 del
Regolamento) deve essere fornita all’interessato prima di effettuare il
trattamento, quindi prima della raccolta dei dati (se raccolti direttamente
presso l’interessato: articolo 13 del Regolamento).
Nel caso di dati personali non raccolti direttamente presso l’interessato
(articolo 14 del Regolamento), l’informativa deve essere fornita entro un
termine ragionevole che non può superare 1 mese dalla raccolta, oppure al
momento della comunicazione (non della registrazione) dei dati (a terzi o
all’interessato) (diversamente da quanto prevedeva l’articolo 13, comma 4, del
Codice).
COSA
I contenuti dell’informativa sono elencati in modo tassativo negli articoli
13, paragrafo 1, e 14, paragrafo 1, del Regolamento e, in parte, sono più ampi
rispetto al Codice. In particolare, il titolare deve sempre specificare i dati
di contatto del RPD-DPO (Responsabile della protezione dei dati – Data
Protection Officer), ove esistente, la base giuridica del trattamento, qual è
il suo interesse legittimo se quest’ultimo costituisce la base giuridica del trattamento,
nonché se trasferisce i dati personali in Paesi terzi e, in caso affermativo,
attraverso quali strumenti (esempio: si tratta di un Paese terzo giudicato
adeguato dalla Commissione europea; si utilizzano BCR di gruppo; sono state
inserite specifiche clausole contrattuali modello, ecc.). Se i dati non sono
raccolti direttamente presso l’interessato (articolo 14 del Regolamento),
l’informativa deve comprendere anche le categorie dei dati personali oggetto di
trattamento.
In tutti i casi, il titolare deve specificare la propria identità e quella
dell’eventuale rappresentante nel territorio italiano, le finalità del
trattamento, i diritti degli interessati (compreso il diritto alla portabilità
dei dati), se esiste un responsabile del trattamento e la sua identità, e quali
sono i destinatari dei dati.
Il Regolamento prevede anche ulteriori informazioni in quanto “necessarie
per garantire un trattamento corretto e trasparente”: in particolare, il
titolare deve specificare il periodo di conservazione dei dati o i criteri
seguiti per stabilire tale periodo di conservazione, e il diritto di presentare
un reclamo all’autorità di controllo.
Se il trattamento comporta processi decisionali automatizzati (anche la
profilazione), l’informativa deve specificarlo e deve indicare anche la logica
di tali processi decisionali e le conseguenze previste per l’interessato.
COME
L’informativa è data, in linea di principio, per iscritto e preferibilmente
in formato elettronico (soprattutto nel contesto di servizi online:
articolo 12, paragrafo 1, e considerando 58). Sono comunque ammessi
“altri mezzi”, quindi può essere fornita anche in forma orale, ma nel rispetto
delle caratteristiche di cui sopra (articolo 12, paragrafo 1).
Il Regolamento ammette l’utilizzo di icone per presentare i contenuti
dell’informativa in forma sintetica, ma solo “in combinazione” con
l’informativa estesa (articolo 12, paragrafo 7); queste icone in futuro
dovranno essere uniformate in tutta l’Ue attraverso l’intervento dalla
Commissione europea.
In base al Regolamento, si deve porre particolare attenzione alla
formulazione dell’informativa, che deve essere soprattutto comprensibile e
trasparente per l’interessato, attraverso l’uso di un linguaggio chiaro e
semplice. In particolare, bisogna ricordare che per i minori si devono
prevedere informative idonee (anche considerando 58).
Per maggiori dettagli ed esempi di redazione di informative, il
documento del WP29 in materia di “Trasparenza” del trattamento, qui
disponibile: www.garanteprivacy.it/regolamentoue/trasparenza
Un approccio responsabile al trattamento: Accountability
Il Regolamento pone l’accento sulla “responsabilizzazione” di titolari e
responsabili, ossia, sull’ adozione di comportamenti proattivi e tali da dimostrare
la concreta adozione di misure finalizzate ad assicurare l’applicazione del
Regolamento (artt. 23-25, in particolare, e l’intero Capo IV del
Regolamento). Dunque, viene affidato ai titolari il compito di decidere
autonomamente le modalità, le garanzie e i limiti del trattamento dei dati
personali, nel rispetto delle disposizioni normative e alla luce di alcuni
criteri specifici indicati nel Regolamento.
Il primo fra tali criteri è sintetizzato dall’espressione inglese “data
protection by default and by design” (articolo 25), ossia dalla necessità di
configurare il trattamento prevedendo fin dall’inizio le garanzie
indispensabili “al fine di soddisfare i requisiti” del Regolamento e
tutelare i diritti degli interessati, tenendo conto del contesto complessivo
ove il trattamento si colloca e dei rischi per i diritti e le libertà degli
interessati. Tutto questo deve avvenire a monte, prima di procedere al
trattamento dei dati vero e proprio (“sia al momento di determinare i mezzi del
trattamento sia all’atto del trattamento stesso”, secondo quanto previsto
dall’articolo 25, paragrafo 1, del Regolamento) e richiede, pertanto,
un’analisi preventiva e un impegno applicativo da parte dei titolari che devono
sostanziarsi in una serie di attività specifiche e dimostrabili.
Fondamentali fra tali attività sono quelle connesse al secondo criterio
individuato nel Regolamento rispetto alla gestione degli obblighi dei titolari:
ossia il rischio inerente al trattamento. Quest’ultimo è da
intendersi come rischio di impatti negativi sulle libertà e i diritti degli interessati
(considerando 75-77); tali impatti dovranno essere analizzati attraverso un
apposito processo di valutazione (artt. 35- 36) tenendo conto dei rischi noti o
evidenziabili e delle misure tecniche e organizzative (anche di sicurezza) che
il titolare ritiene di dover adottare per mitigare tali rischi (si segnalano,
al riguardo, le linee-guida in materia di valutazione di impatto sulla
protezione dei dati del Gruppo “Articolo 29”, qui disponibili: www.garanteprivacy.it/Regolamentoue/DPIA). (Vedi anche: il tutorial del Garante sul concetto di “rischio”)
All’esito di questa valutazione di impatto, il titolare:
·
potrà decidere se iniziare il trattamento (avendo adottato le misure idonee
a mitigare sufficientemente il rischio) ovvero, se il rischio risulta
ciononostante elevato;
·
dovrà consultare l’autorità di controllo competente per ottenere indicazioni
su come gestire il rischio residuale; l’Autorità avrà quindi il compito di
indicare le misure ulteriori eventualmente da implementare a cura del titolare
e potrà, ove necessario, adottare tutte le misure correttive ai sensi
dell’articolo 58 del Regolamento (dall’ammonimento del titolare fino alla
limitazione o al divieto di procedere al trattamento).
In conseguenza dell’applicazione del principio di accountability, dal 25
maggio 2018 non sono più previste
·
la notifica preventiva dei trattamenti all’autorità di controllo;
·
una verifica preliminare da parte del Garante per i trattamenti “a rischio”
(anche se potranno esservi alcune eccezioni legate a disposizioni nazionali,
previste in particolare dall’articolo 36, paragrafo 5 del Regolamento).
Al loro posto, il Regolamento prevede in capo ai titolari l’obbligo
(pressoché generalizzato) di tenere un registro dei trattamenti e, appunto, di
effettuare valutazioni di impatto in piena autonomia con eventuale successiva
consultazione dell’Autorità.
Principio di “responsabilizzazione” dei titolari e responsabili del
trattamento: principali elementi
Rapporti contrattuali fra titolare e responsabile del trattamento
Il Regolamento definisce caratteristiche soggettive e responsabilità
di titolare e responsabile del trattamento negli stessi termini di cui
alla direttiva 95/46/CE e, quindi, al Codice privacy italiano.
Tuttavia, il Regolamento (articolo 28) prevede dettagliatamente le caratteristiche dell’atto
con cui il titolare designa un responsabile del trattamento attribuendogli
specifici compiti. Deve trattarsi, infatti, di un contratto (o altro atto
giuridico conforme al diritto nazionale) e deve disciplinare tassativamente
almeno le materie riportate al paragrafo 3 dell’articolo 28 al fine di
dimostrare che il responsabile fornisce “garanzie sufficienti”, quali, in
particolare:
·
la natura, durata e finalità del trattamento o dei trattamenti assegnati
·
le categorie di dati oggetto di trattamento
·
le misure tecniche e organizzative adeguate a consentire il rispetto delle
istruzioni impartite dal titolare e, in via generale, delle disposizioni
contenute nel Regolamento
Inoltre, il Regolamento prevede obblighi specifici in capo ai
responsabili del trattamento, distinti da quelli pertinenti ai rispettivi
titolari. Ciò riguarda, in particolare:
·
la tenuta del registro dei trattamenti svolti (articolo 30, paragrafo
2);
·
l’adozione di idonee misure tecniche e organizzative per garantire la
sicurezza dei trattamenti (articolo 32);
·
la designazione di un RPD-DPO, nei casi previsti dal Regolamento o dal
diritto nazionale (articolo 37).
Una novità importante del Regolamento è la possibilità di designare
sub-responsabili del trattamento da parte di un responsabile (articolo
28, paragrafo 4), per specifiche attività di trattamento, nel rispetto degli
stessi obblighi contrattuali che legano titolare e responsabile primario;
quest’ultimo risponde dinanzi al titolare dell’inadempimento dell’eventuale
sub-responsabile, anche ai fini del risarcimento di eventuali danni causati dal
trattamento, salvo dimostri che l’evento dannoso “non gli è in alcun modo
imputabile” (articolo 82, paragrafo 1 e paragrafo 3).
Registro dei trattamenti
Tutti i titolari e i responsabili di
trattamento, eccettuati gli organismi con meno di 250 dipendenti – ma solo se
non effettuano trattamenti a rischio (articolo 30, paragrafo 5) – devono
tenere un registro delle operazioni di trattamento, i cui contenuti sono indicati all’articolo 30.
Si tratta di uno strumento fondamentale
allo scopo di disporre di un quadro aggiornato dei trattamenti in essere
all’interno di un’azienda o di un soggetto pubblico, indispensabile per ogni
valutazione e analisi del rischio. I contenuti del registro sono fissati
nell’articolo 30. Tuttavia, niente vieta a un titolare o responsabile di
inserire ulteriori informazioni se lo si riterrà opportuno proprio nell’ottica
della complessiva valutazione di impatto dei trattamenti svolti.
Il registro deve avere forma scritta,
anche elettronica, e deve essere esibito su richiesta al Garante.
Misure di sicurezza
Il titolare del trattamento, come pure il responsabile del trattamento, è
obbligato ad adottare misure tecniche e organizzative idonee a
garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio del trattamento (con
l’obiettivo di evitare distruzione accidentale o illecita, perdita, modifica,
rivelazione, accesso non autorizzato).
Fra tali misure, il Regolamento menziona, in particolare, la
pseudonimizzazione e la cifratura dei dati; misure per garantire la
riservatezza, l’integrità, la disponibilità e la resilienza dei sistemi e dei
servizi di trattamento; misure atte a garantire il tempestivo ripristino della
disponibilità dei dati; procedure per verificare e valutare regolarmente
l’efficacia delle misure di sicurezza adottate.
La lista di cui al paragrafo 1 dell’articolo 32 è una lista aperta e non
esaustiva (“tra le altre, se del caso”).
Per questi motivi, non possono sussistere dopo il 25 maggio 2018 obblighi
generalizzati di adozione di misure “minime” di sicurezza poiché tale
valutazione è rimessa, caso per caso, al titolare e al responsabile in rapporto
ai rischi specificamente individuati come da articolo 32 del Regolamento.
Vi è, inoltre, la possibilità di utilizzare l’adesione a specifici codici
di condotta o a schemi di certificazione per attestare l’adeguatezza delle
misure di sicurezza adottate (articolo 32, paragrafo 3).
Notifica di una violazione dei dati personali
A partire dal 25 maggio 2018, tutti i titolari dovranno notificare al
Garante le violazioni di dati personali di cui vengano a conoscenza, entro 72
ore e comunque “senza ingiustificato ritardo”, se ritengono probabile che da
tale violazione derivino rischi per i diritti e le libertà degli interessati
(considerando 85). Pertanto, la notifica all’Autorità dell’avvenuta violazione
non è obbligatoria, essendo subordinata alla valutazione del rischio per gli
interessati che spetta al titolare.
Se la probabilità di tale rischio è elevata, si dovrà informare delle violazione
anche gli interessati, sempre “senza ingiustificato ritardo”; fanno eccezione
le circostanze indicate al paragrafo 3 dell’articolo 34.
I contenuti della notifica all’Autorità e della comunicazione agli
interessati sono indicati, in via non esclusiva, agli articolo 33 e 34 del
Regolamento.
Tutti i titolari di trattamento devono in ogni caso documentare le
violazioni di dati personali subite, anche se non notificate all’autorità di
controllo e non comunicate agli interessati, nonché le relative circostanze e
conseguenze e i provmenti adottati (articolo 33, paragrafo 5). È bene, dunque,
adottare le misure necessarie a documentare eventuali violazioni, anche
perché i titolari sono tenuti a fornire tale documentazione, su richiesta, al
Garante in caso di accertamenti.
Si segnalano, al riguardo, le linee-guida in materia di notifica delle
violazioni di dati personali del Gruppo “Articolo 29”, qui
disponibili: www.garanteprivacy/regolamentoue/databreach.
Responsabile della protezione dei dati
La designazione di un “responsabile della protezione dati” (RPD) è
finalizzata a facilitare l’attuazione della normativa da parte del
titolare/responsabile (articolo 39). Non è un caso, infatti, che fra i compiti
del RPD rientrino “la sensibilizzazione e la formazione del personale” e la
sorveglianza sullo svolgimento della valutazione di impatto di cui all’articolo
35, oltre alla funzione di punto di contatto per gli interessati e per il
Garante rispetto a ogni questione attinente l’applicazione del
Regolamento.
La sua designazione è obbligatoria in alcuni casi (articolo 37), e il
Regolamento delinea le caratteristiche soggettive e oggettive di questa figura (indipendenza,
autorevolezza, competenze manageriali: articoli 38 e 39) in termini che
il Gruppo di lavoro “Articolo 29” ha ritenuto opportuno chiarire attraverso
alcune linee-guida, disponibili anche sul sito del Garante, e alle quali si
rinvia per maggiori delucidazioni unitamente alle relative FAQ (www.garanteprivacy.it/Regolamentoue/rpd).
Si segnalano anche i materiali disponibili nella sezione “Responsabile
della protezione dati” sul sito del Garante, che comprendono ulteriori FAQ sul
punto (www.garanteprivacy/regolamentoue/rpd)
I diritti degli interessati
I titolari del trattamento devono rispettare le modalità previste per
l’esercizio di tutti i diritti da parte degli interessati, stabilite, in via
generale, negli artt. 11 e 12 del Regolamento
– In primo luogo, il titolare del trattamento deve agevolare
l’esercizio dei diritti da parte dell’interessato, adottando ogni misura
(tecnica e organizzativa) a ciò idonea. Benché sia il solo titolare a dover
dare riscontro in caso di esercizio dei diritti, il responsabile del
trattamento è tenuto a collaborare con il titolare ai fini dell’esercizio di
tali diritti (articolo 28, paragrafo 3, lettera e) ).
– Il titolare ha il diritto di chiedere informazioni necessarie a
identificare l’interessato, e quest’ultimo ha il dovere di fornirle, secondo
modalità idonee (, in particolare, articolo 11, paragrafo 2 e articolo 12,
paragrafo 6).
– Il termine per la risposta all’interessato è, per tutti i diritti
(compreso il diritto di accesso), pari a 1 mese, estendibile fino a 3 mesi in
casi di particolare complessità; il titolare deve comunque dare un riscontro
all’interessato entro 1 mese dalla richiesta, anche in caso di diniego.
– La risposta fornita all’interessato non deve essere solo
“intelligibile”, ma anche concisa, trasparente e facilmente accessibile, oltre
a utilizzare un linguaggio semplice e chiaro.
– Spetta al titolare valutare la complessità del riscontro
all’interessato e stabilire l’ammontare dell’eventuale contributo da chiedere
all’interessato, ma soltanto se si tratta di richieste manifestamente
infondate o eccessive – anche ripetitive (articolo12, paragrafo 5) –
ovvero se sono chieste più “copie” dei dati personali nel caso del diritto di
accesso (articolo 15, paragrafo 3). In quest’ultimo caso il titolare deve
tenere conto dei costi amministrativi sostenuti. Il riscontro all’interessato
di regola deve avvenire in forma scritta anche attraverso strumenti elettronici
che ne favoriscano l’accessibilità; può essere dato oralmente solo se così
richiede l’interessato stesso (articolo 12, paragrafo 1; articolo 15, paragrafo
3).